Il Paradiso delle Signore, Massimo Cagnina a Tv Soap: “Ciro spera nelle nozze tra Vito e Maria, anche se…”

Massimo Cagnina è Ciro a Il paradiso delle signore
Massimo Cagnina è Ciro a Il paradiso delle signore

È una delle new entry principali dell’ottava stagione de Il Paradiso delle Signore, fin da subito al centro della scena anche perché è il padre di Maria (Chiara Russo), uno dei personaggi più amati della fiction daily. Arrivato a Milano con la moglie Concetta (Gioia Spaziani) e la figlia Agata (Silvia Bruno), Ciro Puglisi ha però saputo pian piano adattarsi ai tempi e alle mode di Milano, che inizialmente gli stava un po’ stretta anche per la sua troppa modernità.

Tutti aspetti di cui abbiamo parlato con Massimo Cagnina, l’attore che presta il volto a Ciro Puglisi, che abbiamo incontrato sul set a Roma. Ecco cosa ci ha svelato.

Il Paradiso delle Signore 8, intervista a Massimo Cagnina (Ciro Puglisi)

Ciao Massimo, benvenuto su Tv Soap. Che impressione hai avuto la prima volta che ti sei confrontato con il personaggio di Ciro Puglisi?

Che dire di Ciro? È arrivato a Milano dalla Sicilia, più specificatamente da Partanna. Da uomo che coltivava la terra, molto legato alle sue tradizioni, si è ritrovato a perdere tutto a causa di una disavventura. Per questo, ha deciso di lasciare Partanna con la moglie Concetta e la figlia Agata, al fine di recarsi a Milano, per raggiungere Maria.

Una scelta che Ciro ha fatto per un motivo ben preciso: sperava, infatti, che Milano potesse offrirgli una possibilità per mantenere la sua famiglia, che non aveva più nessun mezzo di sostentamento. Ovviamente, essendo la fiction ambientata negli anni ’60, Ciro era ancora legato a certe rigidità. Essendo un uomo di vecchio stampo, il primo approccio con Milano non è stato dei più facili. Per questo, si è dovuto adattare velocemente alla modernità, alla velocità, a un modo di pensare completamente diverso, a un iperperfezionismo che non comprendeva.

È sicuramente un personaggio interessante da portare in scena per un attore, no?

Assolutamente sì. Ciro ha molte corde. È comico e drammatico, ma anche burbero e sornione. Mi diverte molto portarlo in scena perché ha tante sfaccettature.

Cosa mi dici invece del fidanzamento tra Maria e Vito Lamantia (Elia Tedesco)? Ciro ne è sicuramente contento…

È contento, è vero. Spera nelle nozze di Vito e Maria, anche se la cosa non è così scontata. Ci potrebbero essere delle difficoltà…

Dal tuo punto di vista, che tipo di padre è Ciro?

È un padre molto presente, anzi troppo presente. Avendo la mentalità patriarcale tende a controllare tutto e questo crea, inevitabilmente, delle frizioni in famiglia. Milano è una città che offre molte possibilità, accende delle passioni, interessi. E quindi, alcune volte, vede dei pericoli che, probabilmente, nemmeno ci sono. In tal senso, ha capito in certe circostanze (e ancora lo capirà) che, a volte, è necessario ammorbidirsi, adattarsi. Questo suo essere impacciato con la modernità lo rende divertente, molto tenero.

Ciro è sposato con Concetta, interpretata da Gioia Spaziani. Ti era già capitato di lavorare con lei?

Mai. La conoscevo di fama, mi piaceva molto come attrice, ne apprezzavo il valore, ma non avevo mai avuto il piacere di lavorarci. Devo dire che lavorare con lei è straordinario. Con lei ho molte scene di intimità, di empatia, di affetto, di passione. Se non mi fossi trovato bene, sarebbe stata la fine. Gioia è un’attrice che ha una capacità di trasmettere le emozioni davvero sorprendente e ammirabile.

Con Chiara Russo, invece, che rapporto hai instaurato?

Così come accaduto con Gioia, mi sono trovato bene anche con Chiara e Silvia Bruno, che interpreta Agata, l’altra mia figlia.

La storia dei Puglisi porta in scena sicuramente un tema importante: quello dell’emigrazione…

Esatto, con tutti i pregiudizi che ci sono. E in molto scene è Ciro stesso che ha dei pregiudizi verso il nord, che l’ha stupito sia con le sue modernità, sia nella sua sua capacità di accoglierlo (che non si aspettava minimamente).

Com’è stato adattarsi ai tempi di riprese del Paradiso?

Molto bello, anche se all’inizio difficile perché personalmente non avevo mai preso parte a una lunga serialità. Ho partecipato a diverse serie, ma non così lunghe e voluminose per il numero di scene da fare al giorno. Inizialmente ho faticato ma, dopo la prima settimana, mi sono abituato ai ritmi e ne ho trovato uno mio per la memorizzazione delle scene.

Sono felicissimo, contentissimo e sempre entusiasta di essere sul set. Sono tutti bravissimi: dagli attori alle maestranze. C’è un comparto tecnico, veramente, di altissimo livello.

Seguivi il Paradiso in precedenza? Ne avevi sentito parlare?

Non lo seguivo tantissimo, ma ovviamente ne avevo sentito parlare. Sapevo del suo grandissimo successo, anche se non mi ci ero mai soffermato. Quando ho saputo che ci sarei stato, allora, mi sono appassionato anche io.

Perché piace così tanto?

Piace così tanto perché parla delle persone, delle difficoltà della vita, della competizione, dell’amore, della difficoltà di costruirsi un mondo dove muoversi con agilità. Non faccio fatica a credere che le persone si rispecchino in quello che vedono. Non può non portare empatia.

Parliamo un po’ di te. Qual è stato il tuo percorso prima di arrivare nelle fiction?

Innanzitutto, ho fatto quasi tutti i film di Albanese su Cetto La Qualunque nella parte del geometra: da Cetto C’è a Qualunquemente, passando per Tutto tutto niente niente. Ho fatto il ruolo di un prete un po’ losco, non del tutto trasparente, in The New Pope di Sorrentino. Sono stato nel cast di Imma Tataranni e, lo scorso settembre, è uscito I Leoni di Sicilia, ambientato nella Palermo Antica. Per quasi 17 anni ho lavorato al Teatro Stabile di Genova e poi mi sono spostato al cinema e alla fiction.

Hai un sogno nel cassetto da realizzare?

Mi piacerebbe fare un ruolo da protagonista al cinema. Per il fisico che ho, magari rispetto all’America, è difficile farlo in Italia, ma chissà…

Come sei nella vita di tutti i giorni?

Sono una persona con un carattere molto complicato. Sono solare, molto amante della vita, ma ho anche i miei momenti di inquietudine. Non sono molto mondano, mi piace stare tra me e me. Durante il Covid, mentre il mondo era blindato, ho deciso di stare – da Roma, dove vivevo –  a San Vito Lo Capo, che è un paesino di pescatori con soli 2.000 abitanti.

Avevo con me i miei gatti, ne ho 26 nella colonia e 12 in casa. Li tengo in una splendida area all’aperto recintata, con gli alberi. Quando non ci sono per motivi di lavoro, li tiene mia madre.

Con la collaborazione di Sante Cossentino per MassMedia Comunicazione – Seguici su Instagram.